sabato 13 novembre 2010

LA FABBRICA DI BABBO NATALE

Incollo l' articolo di GIAMPAOLO VISETTI, corrispondente di Repubblica a Pechino sperando che non si arrabbi..ma cio' che Lui scrive io non sarei riuscito a comunicare..

Yiwu non esiste sulle mappe ma vi si produce e vende di tutto. Da qui partirà il 92% dei regali che ci scambieremo a fine anno.
In Cina la fabbrica di Babbo Natale. E’ il mercato più grande del mondo. Migliaia di operai lavorano a pieno ritmo in 100 mila industrie e a vendere ci pensano 200 mila commercianti in 62 mila stand dal nostro inviato GIAMPAOLO VISETTI

YIWU (Cina) – Sulle mappe cinesi, o nelle guide, non è segnata. Yiwu però non è solo la città più ricca della Cina. Per gli economisti della Banca Mondiale è ormai la più importante del pianeta. Fino a vent’anni fa era un villaggio tra le risaie e i campi di grano, nel delta dal fiume Yangzi: centomila contadini poveri dello Zhejiang, seminati a sud del lago Tai, che Marco Polo ha descritto come “il paradiso”. Una sola gloria: qui è nato l’uomo che ha tradotto il Manifesto in mandarino. Oggi conta oltre due milioni di abitanti, immigrati da tutta la nazione e da cento Paesi.

Trentacinquemila stranieri lavorano in tremila imprese internazionali. Ha un aeroporto di cristallo, quattromila hotel, seicento grattacieli, centodieci banche. Tutto nuovo. Ancora una sola, ma aggiornata, gloria: è il mercato più grande della terra. Per ordine delle autorità di Pechino, era partito con qualche bancarella.
Negli ultimi otto anni, dopo che lo Stato ha investito dieci miliardi di euro, sono stati costruiti quattro milioni di metri quadrati di esposizione permanente al coperto. Entro due anni la superficie supererà i cinque milioni. Yiwu non è così rimasto il più impressionante esperimento di produzione e di commercio di massa della storia. È il luogo in cui oggi si fabbrica e si vende il novanta per cento dei beni a basso costo acquistabili nei negozi di tutto il mondo. Ed è, per questo, l’unico dove la crisi non è arrivata.
Ha un giro d’affari ufficiale da quaranta miliardi di euro all’anno, con una crescita costante del quindici per cento. Il segreto dell’”International Trade Mart” è semplice: produrre e vendere al prezzo più basso, in ogni giorno dell’anno e nello stesso posto, tutto. Non è nemmeno più una città degli affari. È un laboratorio perfetto, programmato per trasformare qualsiasi materia prima in denaro. Si fonda sul “consumo globale”.
Gli ex contadini di Mao Zedong, riciclati in scienziati di Robert Lucas senza nostalgie, lo considerano “il motore perpetuo del futuro”. Per alimentarlo impiega sessantaduemila stand all’ingrosso, duecentomila commercianti e centomila industrie. Offre un milione e settecentomila prodotti diversi a duecentomila clienti al giorno provenienti da tutto il pianeta.

Consegna seicentomila container di merce all’anno in oltre duecento nazioni e regioni diverse. Il cuore della macchina è il gigantesco mercato. Ogni venditore ha quattordici metri quadrati di negozio, concessi dal funzionario locale del partito comunista. Affitto statale da cinquantamila euro all’anno: più di uno showroom in centro a Londra. Quattordici metri quadrati, qui, rendono però come venti grandi negozi nelle più ricche metropoli di Usa e Giappone. Attorno a queste preziose “vetrine globali” si distendono i capannoni. Qualche milione di operai, lavorando a ciclo continuo a non più di un’ora dal luogo della vendita, producono all’istante ciò che il grossista chiede.

Oltre gli stabilimenti, sconfinati dormitori, tutti uguali, anonimi e distinti da numeri. A chiudere il cerchio, i terminal per le spedizioni: più in là, binari, autostrade, canali che conducono al Mar Giallo. Qualsiasi articolo interessi, previo anticipo del trenta per cento in contanti, viene consegnato ovunque e in qualunque quantità entro due settimane, senza costi aggiuntivi. Si può vagare per settimane lungo chilometri di corridoi dove è esposto tutto ciò che l’umanità ritiene di poter scambiare e gli umani sono indotti, prima o poi, a desiderare. La sensazione più violenta, assieme alla vista dei beni materiali che assedieranno le nostre vite e riempiranno le nostre case nei prossimi anni, è però un’altra. Risulta evidente il compiuto trasferimento da Occidente a Oriente del baricentro economico del mondo, l’impossibilità di resistere delle strutture commerciali europee, e dei vecchi distretti industriali, concepiti nel secolo concluso. Perché l’onda commerciale che si alza da Yiwu, e da Canton per i beni di qualità, travolge anche le imprese occidentali più avanzate.

Hu Yan Hu, amministratore della città-simbolo del capitalismo interpretato secondo la “via cinese al socialismo”, lo spiega così: “Tenere sempre gli occhi su ciò che succederà dopo, essere sempre pronti a fare un’altra cosa, approfittare sempre delle crisi: e fare sempre tutto per primi”. I commercianti della “China Commodity City”, in questo, sono i migliori al mondo e si vede. In ogni stand ci sono cinque venditori. Uno tratta con i clienti di passaggio. Uno smista gli ordini che arrivano al computer. Uno investe immediatamente i soldi incassati nella Borsa di Shanghai, o di Hong Kong. Uno gira il mercato e le industrie della zona per studiare prodotti e prezzi dei concorrenti. Uno, a turno, mangia o dorme tra la merce.
Gridano e contano muretti di banconote. Allevano bambini nati e cresciuti tra gli scatoloni. Succhiano zuppa disidrata mentre pescano biglietti da visita che tracimano dai secchi, di colore diverso in base ai tempi di solvibilità del cliente. Trasformano gli ordini in sconto, in base alla quantità, con disorientante rapidità. Sorridono sempre e assicurano che “le cose non sono mai andate così bene”. Di ogni prodotto sanno citare, a memoria, il prezzo spuntabile in ogni nazione del pianeta e il margine medio di guadagno potenziale per il dettagliante.

Non hanno frequentato università. Si limitano ad applicare poche regole, esibendo il piacere di eseguire un gioco semplice, ma a regola d’arte: “Costare di meno – dice Jin Fang, venditore di certe nuove treccine elettriche colorate da sera – e offrire di più. Avere ciò che nessun altro ha e fare in modo che tutti ne abbiamo bisogno”. Altrove suonerebbe come una formuletta scontata. A Yiwu, “per contribuire al successo della Cina”, l’hanno trasformata nel miracolo economico del nuovo millennio.
Una città per le pentole, una per le parrucche, una per le bilance, una per le conchiglie, una per i palloni, una per i cellulari, una per le matite, una per le cravatte, una per i trapani, una per le collane, una per i coltelli, una per i tavoli, una per il piercing, una per le borsette, una per le opere d’arte, una per i mobili antichi di ogni epoca e così via per 34217 classi di prodotti, dalla vite in titanio per microscopi alla gabbia-stereo per merli indiani. C’è il quartiere che pensa ai matrimoni, quello che vive per i funerali, per i battesimi, per i compleanni, per la laurea, per San Valentino, per Halloween, per Pasqua, o per Capodanno.

Il più sconfinato è ovviamente il padiglione di Natale. Da qui sta uscendo il 92% dei regali che il mondo si scambierà in dicembre, il 94% di ciò che viene appeso per addobbare un abete e l’86% delle decorazioni per case, uffici e negozi. Babbo Natale, dalla Lapponia, si è trasferito sotto Shanghai. “E’ semplice – dice Jamal Flaieh, esportatore giordano – tu giri e devi poter trovare tutto ciò che nella vita da qualche parte hai visto, o non hai mai nemmeno immaginato, scoprendo che costa quasi nulla”. La concentrata declinazione materiale della vita sulla terra, dal materassino da Caraibi alla tenda da Himalaya, riserva infatti all’etichetta il colpo di scena finale. Finezze orientali: il valore delle cose è tra 50 e 200 volte, per alcuni beni anche 1000 volte, più basso di quello che ci viene proposto quando decidiamo di fare un acquisto. “Tre anni fa – dice Liu Zhuo Ying, direttrice della compagnia statale che gestisce la città-mercato – abbiamo visto un problema: il mondo non ha più abbastanza soldi per pagare la vita che tutti pretendono di fare. La soluzione non è rinunciare a qualcosa, ma poterla avere per meno e volerla piuttosto comprare, in tempi diversi, più volte.
Abbiamo sottratto la cifra mancante alla spesa globale e abbassato il prezzo di ogni cosa del doppio della percentuale. Gli ordini non si sono limitati a ripartire: si sono moltiplicati per quattro”.
Yiwu ha così ridefinito la sfida cinese a non restare solo la fabbrica del pianeta, ma a diventare anche il suo unico negozio: consumi da ricchi a prezzi da poveri. Spiegare come, porterebbe lontano. Ma è una metamorfosi invisibile, che sta ridisegnando la geografia della ricchezza. “America ed Europa – dice il sindaco Lu Xuhang – comprano meno. Sono state rimpiazzate da Cina, India e Medio Oriente. Prodotti diversi: ma il saldo, per noi, è in attivo. Una sola preoccupazione: Vietnam e Cambogia, se non spicchiamo un altro balzo, potrebbero costare ancora meno di noi”.


Li Jundao, venditore di scheletri fosforescenti, semplifica: “Spedivo tutto in due porti di California e Olanda, in inglese. Ora mando verso trentaquattro destinazioni, con etichette in sedici lingue”. I primi due clienti, in città, oggi sono Sudafrica e Brasile. Per Città del Capo sta partendo tuttò ciò che vedremo ai Mondiali di calcio dell’anno prossimo. Da Rio de Janeiro è già arrivata la delegazione che deve trasformare in un affare le Olimpiadi del 2016. Per questo, negli hotel esauriti per l’Expo d’Autunno, si aggirano industriali cinesi, mercanti turchi ed egiziani, stilisti indiani, banchieri di Singapore e pubblicitari giapponesi. Hanno letto l’anima dei nostri sogni standardizzati e plasmano il nuovo profilo del “mondo low cost”, contando al centesimo la migrante capacità globale del consumo. Basta una frase urlata da una branda tra gli zainetti Disney, “questo non va più”, e per un glorioso protagonista dell’apocalittico show dello scambio, è una sentenza di morte.
Attorno a tale inafferrabile ma decisiva entità superiore, che a Yiwu chiamano “la corrente perpetua”, in quest’angolo di Cina che salva e terrorizza, crescono parchi, campi da Golf, ville di lusso. Era un esperimento economico comunista, è diventato il più invidiato modello di vita capitalista: ciò che vedremo dopo esserci accorti che il mondo è già oltre il superato “made in China”. Nel padiglione degli ombrelli, che occupa la superficie di quattro stadi, due imprenditori sedicenni di Guangzhou stanno lanciando quelli riciclabili. Appena smette di piovere, si buttano via: sette centesimi l’uno.

“Sei europeo – si stupiscono – e vuoi restare ricco? Difficile. Ti restano due affari: bellezza-immagine e vita quotidiana. Apparenza e necessità: non vi resta altro. Ma metti a uno ciò che mettevi a cento e vedi di venderne mille”. Ecco perché Yiwu non è sulle mappe: non serve, ci si arriva.

venerdì 29 ottobre 2010

XISHUANGBANNA E I CIGOLII NOTTURNI


L'ultima provincia a sud ovest prima del Myanmar, un villaggio a dieci ore di cammino tra risaie, piantagioni di tè, alberi della gomma e canne da zucchero; il dottore del villaggio sta preparando la cena sul focolare all'interno della casa palafitta, il piano terra per i maiali, quello rialzato per gli uomini. Le travi di legno affiancate che fanno da muri lasciano respirare il grande loft rurale dove da una parte si cucina e dall'altra si dorme.
Le pentole e gli attrezzi sono tutti appesi alle pareti, al piccolo tavolino tondo ci si mangia in 5 o 6 seduti su sedioline abbastanza grandi per uno gnomo..la tv sempre accesa e i lettini con le zanzariere fanno presumere che domani saro' a poit.. Qui fumano le sigarette con un grande bong ricavato da una canna di bambu', mangiamo frittata, verdure, prosciutto locale buonissimo e l'immancabile mi-fan..riso bianco. L'ordine è: prima si beve e si fuma e poi si mangia. Allora premetto: Uno, il detto dovrebbe essere cambiato da fumare come Turchi a fumare come Cinesi, fanno paura, sono ciminiere che si offrono sigarette una dietro l'altra ed a tavola è un vero must. Due, vanno via un paio di bottiglie di grappa prima di cena..(anche se io non ce la faccio e nel frattempo mangio che se no' vado a letto subito) e altre due dopo, "TANTO DOMANI NON SI LAVORA, IL RISO NON SI RACCOGLIE DOPO LA PIOGGIA, IL TERRENO è TROPPO FANGOSO". allora tra la scusa dello straniero e della pioggia via con la grappa cinese..

Io, stanco e con il ginocchio malandato crollo in un sonno profondo mentre i padroni di casa ancora chiacchierano intossicandomi e guardando la tv, proprio accanto al mio letto.. I dolci sogni pero' durano poco perché quando il gatto non c'è, o dorme.. -C'E' QUALCOSA CHE CIGOLA-, di qua e di là nella stanza piccoli passi e gemiti..le pentolacce ticchettano una sull' altra ma tra i deboli spiragli i luce che sono scappati alle travi non riesco a vedere niente,e poi ho sonno non capisco niente; la pioggia scroscia al di là del muro e l'ansia cavalca l'onda e continua a salire, -C'E',C'E' QUALCOSA QUI- rantoli e cavalcate si fanno sempre piu' forti, tic tic tic ancora passetti velocissimi. Un brivido lungo la schiena irradia una nauseante sensazione di malessere in ogni angolo del corpo, di colpo il sonno è svanito lasciando spazio a loro che ora occupano la mia mente, e la mia stanza, e tutto intorno..una colonia di topi danza felice nell' oscurità. Le pentole ancora sporche, gli avanzi di pollo sputacchiati per terra e le verdure avanzate sembrano lasciate apposta per far chiudere alla natura il suo ciclo alimentare. Tutto nasce e muore in quella casa, gli uomini allevano i maiali e le galline al piano terra, poi li uccidono e li portano di sopra, mangiano, lasciano i resti sul pavimento e tutto viene ripulito e riportato nella terra del piano di sotto..dai topi.
 
Rigido come un palo mi imbozzolo nel sacco a pelo lasciando uno spiraglio per respirare, a tratti mi riaddormento cercando nell' immaginazione una distrazione dal concerto notturno, -QUI DENTRO NON SI RESPIRA- nel sacco fanno quaranta gradi e il clima è più tropicale che fuori tra i banani, l'afa mi costringe ad aprire e a far respirare la schiena bagnata, -MALEDETTI SORCI!- Ciclicamente si fermano, ascoltano e si muovono velocemente, da qualche parte sotto al letto sento un continuo rosicchiare..e io che volevo tirare fuori la mano per prendere la lampadina!..malsana idea.. La notte è passa a fatica tra il russare dei cinesi e gli squittii improvvisi che ti gelano quando nel silenzio li senti a un passo.. per un occidentale dormire con una dozzina di topi è una esperienza difficile, inquietante quando SAM la mattina dice ridacchiando -DORMITO BENE? AVETE SENTITO I TOPI? IO UNA VOLTA ME LO SONO TROVATO SUL LETTO INCASTRATO NELLA ZANZARIERA CHE NON RIUSCIVA A USCIRE E CORREVA DAPPERTUTTO EHEH..!
Antico detto cinese detto da SAM: -QUI SI MANGIA TUTTO CIO' CHE VOLA TRANNE GLI AEREI, TUTTO CIO' CHE NUOTA TRANNE LE BARCHE E TUTTO CIO' CHE HA LE GAMBE, TRANNE I TAVOLI..

lunedì 27 settembre 2010

CAPEZZOLI CINESI

Non ha senso ma mi piaceva.
Intanto Pechino e Beijing sono la stessa cosa ma: Pechino è il nome
occidentale e Beijing è la traslitterazione fonetica di XX ossia come
si scrive in pinyn.
Il 7mo giorno ho cominciato ad apprezzare questa stramba cittadona
dalle mille facce e a non sentirmi più un immigrato spaesato errante
per le autostrade cittadine tra i suoi diciotto milioni di abitanti.
Per parlare a ruota libera di Pechino non basterebbeun solo blog
quindi ho deciso di provare ad integrarmi al massimo utilizzando il
metodo mandarino dell' espressione di concetti per associazioni di
parole all' infinito:
-CALDO AFA CIELO GRIGIO SUDO TAAAAXII! TAXI ONESTO MA NO INGLESE, TAXI
RINCOGLIONITO DUE ORE CINQUE CHILOMETRI..CALDO CIELO GRIGIO RESPIRO
PESANTE UMIDO OSTELLO FICO METRO BELLA INGLESE TANTI CINESI ANCORA
CALDO CIELO GRIGISSIMO NEBBIA, CENTRO TURISTICO BRUTTO PALAZZONI
TRISTI STRADE LARGHE NEGOZI GUCCI ZARA MC KFC D&G CANON TAG HEUGHER
BRUTTO CENTRO INUTILE CINESI FOTO CINESI CALDISSIMO SMOG METRO
FREDDISSIMO CENA BUONO! RAVIOLI VAPORE NOODELS MELANZANE FRITTATA
BIRRA ARROSTICINI GAMBERI IL CONTOOOO! 5 euro... HUTONG INTERESSANTE
QUARTIERE VECCHIO BELLO CASE BASSE BAGNI PUBBLICI BLEAH ZOZZONI
PUZZONI RISTORANTI BUONISSIMI ECONOMICISSIMI CALDO AFA SUDARE HUTONG
DEMOLIRE GRATTACIELO COSTRUIRE CENTRO COMMERCIALE FRESCO PICCANTE
CACOTTO CINESI SEMPRE OVUNQUE CITTA' PROIBITA CINESI CINESI
CINESISSIMI AFA GRANDE CALDO GRAANDE GIOVE! CAMMINERE BUDDA PARCO
POAGODA GRATTACIELI SOHO NEBBIA UFFICI BUS STRADONI PIOVERE DILUVIARE
CIELO GRIGIO GRATTACIELO ALTISSSIMO TUTTI GRATTACIELI MANGIARE LUSSO
VISTA NEBBIA METRO FREDDO CINESI OPERAI LAVORARE NO STOP DORMIRE
MARCIAPIEDE MANGIARE MARCIAPIEDE LAVARE NO. MERCATI ZOZZONI LINGUE
SPAGHETTI PEPERONCINO POLLI PUZZA SPORCO SUDARE NEBBIA AFA BASTAAAAAA!
-Pechino fa schifo. Almeno la Pechino che il governo cinese ha
ricostruito negli ultimi venti trent anni al massimo distruggendo gli
hutong e con loro l'anima della città e delle persone. Immaginate di
radere al suolo trastevere la garbatella il centro storico testaccio e
monteverde e tirare su una bella Tor Bella, tutti palazzoni grigi
pieni di formichine.. I nuovi cinesi pechinesi sembrano un fluido
umano rincoglionito e inebetito da una parvenza di ricchezza e
tecnologia censurata che ancora si inchina davanti alla mummia di Mao,
fa il bravo cinesino obbediente che lavora, compra, spende, non pensa
e non ricorda.

venerdì 24 settembre 2010

CHUNGKING MANSION

L' aereo piu' pazzo del mondo, quel maledetto aereo della DRAGON AIR
che col suo pranzo avvelenato mi ha costretto a tre giorni di
sofferenze si sta abbassando sull' oceano bo, pacifico? -ATTERRIAMO?
MMM..- intorno a noi solo mare e microisolette sparse qua' e la' senza
segni di vita ma lui va giu', lento plana verso l'acqua mentre io
stringo il bracciolo e penso -SCENDERA' LA MASCHERA? QUAL'E' IL
SEGNALE..DOV'E' IL MIO SALVAGENTE..- fisso il mare e gia' lo vedo
dentro la calotta con la gente che impazzisce e io che cerco di
scattare la foto della vita.. chiudo gli occhi un attimo e -STUMP!- un
rimbalzo e poi un'altro e..una lingua d'asfalto in mezzo all'acqua!
-MA CHI CAZZO E' LO STRONZO CHE HA PROGGETTATO STA PISTA..-
Per uno come me che non ha mai visto i grattacieli camminare per
HongKong e' davvero fichissimo, si perchè non sono come quelli brutti
e grigi di pechino, no! qui il quartiere finanziario (l'isola) dove
vivono gli expat è strafichissimo con palazzoni a specchi che
sparanoflesciano luce nel cielo e lampeggiano come un lunapark,
cavalcavia per umani che si intersecano tra le strade consumate dai
bus a due piani e dai taxi giallo rossi, un brulicare di gente di
tutti i generi sfocia dalle grandi metro che incredibilmente passano
ogni tre minuti: imbattibili. Camminando per Nathan Road ossia la
strada principale della penisola si susseguono centri commerciali e
gioieii..gio, gio-iie-iieri..orafi, centri massaggi molto dotati e
poco qualificati, ristoranti e albergoni, poi, c'è lui: al 34-36 di
Nathan Road c'è uno sgrattacielo grigiotopo scrostato come il muro
muffo della cantina di nonno, diciassette piani di immigrazione
clandestina mi aspettano all' entrata calpestandosi per darmi il
biglietto della loro guesthouse. Indiani larghi, pakistani bassi,
senegalesi enormi, nigeriane culone, sik turbantati,
marocchini..hashish hashish..che fanno la stessa cosa in tutto il
mondo. ChunKing Mansion è l' HongKong che non mi aspettavo, nei primi
due piani tutti si danno un gran da fare con i loro negozzietti di
cellulari e mcchine fotografiche, anelli e orologi d'oro cosi' finti
che anche loro lo sanno e ti dicono -COPY WATCH? ROLEX?- La pakistana
con la lavanderia, l'indiano dei dvd, gli arabi per i cellulari, e poi
ristorantini indopiccantissimi, societa' solo export che impacchettano
tutto il giorno, e tutto e' alimentato da chilometri di fasci di cavi
elettrici scoperti che penzolano in ogni dove anche sotto la pioggia.
Ci rimani un po' male quando dalla Cina ti aspetti zero e trovi
ostelli a quattro euro a notte con il bagno in camera strapuliti e
organizzati che si fanno in quattro per aiutarti e qui..gli altri
quindici piani? guesthouse, solo ostelli minuscoli di tutti i prezzi,
tranne per gli occidentali ovviamente che pagano 25 euro per una
camera di 5 metri quadri tutta completamente piastrellata con vista
cortile interno strabboccante di mondezza. La cosa piu' simpatica.. i
televisori che mostrano gli scaccolamenti vari degli indigeni ripresi
in ascensore, almeno mentre fai la fila ammazzi il tempo data la loro
velocità verticale di 10 metri al minuto; la cosa piu' antipatica..il
prezzo!

mercoledì 22 settembre 2010

IL SACRIFICIO

Si aprono i cancelli e quei 20 stranieri con gli zainoni camminano
curiosi sul primo binario in cerca del proprio vagone, è quasi l'una e
tutti dormono, trovo velocemente il mio letto, upper bank, cioè terzo
letto a castello, per intenderci quello con il ventilatore in faccia,
il mio raffreddore è più triste di me.. per evitare di peggiorare la
situazione mi imbusto completamente dentro al saccolenzuolo di seta,
ora che il superbozzolo è pronto posso dormire.. La mattina è velata a
Xian, fuori dalla grande stazione c'è un continuo ronzio di cinesi coi
tricicli elettrici, autobus che vanno da tutte le parti e una pioggia
fina e costante che condisce il tutto -ME L' ASPETTAVO PIU' FACILE
XIAN..- coi miei 25 chili di zaino e la mappa in una mano e il
fazzoletto smocciolato nell' altra cammino con le ciabatte nelle
pozzanghere puzzolenti, un tipo mi viene incontro mostrandomi una
chiave e mi dice -TAXI TAXI- e io -SI SI!- 10 metri e..-MA CHE STAI A
DI' MA COL MOTORINO MI VUOI PORTARE MA PER FAVORE!- mi ficco in mezzo
alla strada e fermo un tassinaro vero, per modo di dire.. via tra gli
stradoni a quattro e sei corsie facciamo circa tre chilometri e a un
certo punto si ferma, mi chiede la cartina e mi parla cinese.. -SO DE
COCCIO QUANDO CI SI METTONO- niente s'è bloccato, si guarda intorno e
non sa più dove andare allora escogita il piano B, chiama qualcuno col
cellulare e me lo passa.. io ci provo in tutti i modi..-XIAN INN
GUESTHOUSE, SOUTH GATE!- l'interprete telefonico parla inglese
mandarancio e io non lo capisco proprio.. dopo altri venti minuti a
girare si ferma e mi scarica dicendo che era li..ma li dove..? Sono
stanco, scendo e lo cerco a piedi, chiedo informazioni e mi mandano di
là, ma di là non c'è niente! torno indietro piove, pesa e ho
fame..GENIO! mi raccapezzolo con la bussola e con la mappa e come
MCGIVER trovo finalmente l'ostello che però si è perso la mia
prenotazione e non ha manco un letto. Il nuovo ostello dove mi mandano
però è davvero fico se non fosse che quando entro in camera trovo un
americano che dorme sotto al condizionatore messo a 16 gradi..-TACCI
TUA E IO TE LO SPENGO- Tutte le notti è andata cosi'..lui andava a
dormire presto coi pinguini e si svegliava nella savana.. Xian è una
cittadona con palazzoni e stradoni, tutto one, è famosa per l'
esercito di terracotta che è davvero fico. Cammino cammino, ovviamente
dopo una fantastica colazione da starbucks.. mi ritrovo in un
quartiere diverso, basso, un po' scamuffo e sgangherato con viette
affollate e deserte, bancarelle e venditori di tutti i tipi si
susseguono sui marciapiedi, -MA CHE STRANI STI CI NESI MI
RICORDANO..MAH..- alcuni hanno un cappelletto bianco, altri la barba..
alcuni la tunica? Praticamente il quartiere Musulmano è il centro
vecchio della città, le scritte sbiadite sulle porte sono in arabo e
le donne hanno il velo. La loro attività preferita è mangiare, vendere
da mangiare e mangiare di nuovo: piedi di maiale (sono musulmani ma
cucinano i piedi di porco..), zampe di gallina, uova di quaglia,
spaghetti al peperoncino -STAFOLTA MICA MI FREGHI, MI SO IMPARATO LA
PAROLA MAGICA..BU' LA'! NON PICCANTE, TIE'!-, roba fritta puzzolente,
dolcetti fatti non so co che e quintali di noci, noci a tutti gli
angoli, anche i souvenir sono a forma di noce.. Due cose mi fanno
davvero impressione: i venditori di grilli giganti che forse sono
cicale perchè fanno un casino della madonna (i cinesi li tengono in
gabbiette minuscole appese alle finestre) e a inizio stagione li
ingaggiano per fare combattimenti.., e i macellai. I macellai sono i
più schifosi e puzzoni che abbia mai visto, tengono esposti per giorni
a 40 gradi e senza frigo: fegati cuori e lingue di mucca che emanano
una puzza di carogna allucinante..ovviamente non manca la fila di
acquirenti..magari un altro giorno.. Un' altra mattina, cammino
cammino..era così presto che anche il mercato era chiuso decido di
aspettare che la città si svegli..da starbucks, con un saccottino al
cioccolato e un cappuccino.
La musulmanità dei cinesi è un po' farlocca secondo me e la loro
simpatia verso i fotografi cigola alquanto, una donna col velo mi ha
scacciato dal suo banchetto come un cane che si ruba un avanzo da
sotto al tavolo...-SHHTTZZZ!! FTTZZZ!-
Fammi vedere che fanno sti cinulmani va che non capisco proprio cosa
centri Allah col Comunismo; entro nella grande moschea della città
dove tra i bei cortili e pagode regna una pace surreale, stanze vuote
con decorazioni di legno finemente intagliate, stanze piene di devoti
che leggono versetti del corano dondolandosi velocemente avanti e
indietro e dietro l'angolo una vacca legata li', a un palo. -UNA
MUCCA?- Dal grande salone della preghiera mattutina escono un
centinaio di vecchi che recuperano le scarpe e affollano gli spazi
vuoti, un gruppetto armato di ceste e coltelli mi si avvicina
ridacchiando, quello con la faccia da psicopatico con una mossa di
karate mette ko la vacca e con una normalità musulmana impugna un
macete e la sgozza tra gli schizzi di sangue e le facce soddisfatte
degli altri. Io rimango abbrustolito dalla petomarmitta e assisto al
sacrificio, la vacca vienne annientata in neanche un'ora, via la
testa, via le gambe, la pelle per intera sciacquata e messa da una
parte, poi lo stomaco, tutte le viscere, insomma, con un colpo d'ascia
dietro l'altro il pranzo e' pronto sotto gli occhi di turisti
schifati, musulmani contenti e bambini basiti. Devo dire che mi ha
fatto un po' impressione anche se stavolta non ho pianto come alla
pasqua dei miei otto anni quando in calabria ho visto sgozzare
l'abbacchio..che cenetta pero'..

martedì 31 agosto 2010

LO SQUARAUS

-QUESTA E' LA CINA CHE MI ASPETTAVO!- Fichissimo, un paesino quadrato di due chilometri quadrati e mezzo con casette al massimo di un piano
piu' mansarda, cortili e tetti pagodosi alla lanterne rosse, carretti stracarichi di sacchi con vecchini affaticati al posto dei muli, forni a carbone in casa e fuori dove piccoli ristoranti, o meglio bettole
sulla strada, servono ravioli espressi di porco (i miei strabuoni un
piattone 20 soldi..prezzo da turista..) che mangio insieme ad un
vecchietto senza denti, spaghetti di riso in zuppa e non, risi vari
con polli e manzi, arrosticini e foglie di vite ripiene di carne o
tofu. Il primo giorno passa senza meta ma alla ricerca di un qualcosa
che mi porti ancora piu' indietro nel tempo anche se i cinesini pare
che mi riconoscano come fossi una star e mi vengono incontro per le
solite foto..

Nelle due strade fracassose che dividono il paese in
quattro e collegano le rispettive porte nord sud ed est ovest orde di
turisti perlopiu' asiatici si spostano come greggi seguendo la
bandierina in cima al gruppo, un susseguirsi di ristoranti e
negozietti di cianfrusaglie vanificano il mio desiderio di tornare
alla dinastia Ming, ancora di più quei tassisti sulle apette che
-Péééé Péééé!!- -MA CHE FAI CHETTE SONI!- sfrecciano nelle viuzze strombazzando il clacson anche a strada deserta; al di fuori dell'incrocio del male, Pingyao è però un dolce paesino ben conservato con vecchini sui marciapiedi che giocano a scacchi cinesi, botteghe di artigiani e micronegozi di frutta e verdura, case antiche con cortili abitate da grandi famiglie e bambini sporchi che giocano nella terra; camminare sulle desolate mura di cinta offre poi una panoramica di

tutta la cittadina fumosa e grigiastra offrendomi la possibilità di
vedere i tipici bagni a cielo aperto della maggior parte delle case
appena sotto di me.. Insomma Pingyao è il paesino dove ti
aspetteresti di incontrare antichi maestri shaolin che volteggiano in
aria al rallentatore saltando dal kung fu al tai chi, in cui calvi
anziani dalla lunga treccia spostano la tazza del tè col pensiero e
quelli con i baffetti alla fifì dispensano proverbi sibillini. E'
anche, con grande stupore, la patria delle DE FONSECA, almeno non
proprio loro, ma è pieno di ciabattini che tagliano, cuciono e
incollano una miriade di scarpette simbolo incontrastato della città,
le portano tutti..io preso da una attaco di braccine corte non ho
incoraggiato l' artigianato locale con l' autoscusa dello zaino troppo pieno..

Per ora, Pingyao e' anche la citta' ufficiale dello squaraus tour
2010..dopo una succulenta cenetta a base di tipici peperoncini conditi
con spaghetti e peperoni un' esplosione in stile LISTERINE mi ha
sconquassato lo stomaco costringendomi ad una repentina ritirata con
il classico passo della marcia.. Dopo tre giorni passati tra le fiamme
de lo inferno ho rivisto la luce.

martedì 17 agosto 2010

VAGONE 17 POSTO 13

Esco dalla stazione cercando qualcuno che inverosimilmente abbia un
viso familiare, confortante..nel buio tra la manciata di
persone in attesa là fuori vedo LUI con un foglietto in mano con su
scritto il mio nome. Il 'free railway pick up' c'è
davvero ed è una specie di apetta elettrica mezza scassata, cabrio e
con tre file di sedili. Mi accendo una sigaretta nel
fresco della notte mentre l' ape fende l'aria col suo sibilo
elettrico, tutto buio, non mi oriento per niente ma ormai sono
in mani sicure, anzi, un senso di liberazione mi riempie come una
brocca d'acqua che gorgoglia fino all'orlo e poi morbida
strabbocca. L'unica ragazza che parlava inglese sedeva alle mie spalle
e le sue sole parole nei miei confronti sono
state: -MA VIENE QUALCUNO A PRENDERTI ALLA STAZIONE VERO?- -SI,
SPERO..- Cosi' mi avevano detto al cits di Datong, ma io di quel
cinese non mi fidavo per niente; dopo che non avevo accettato il tour
da 330 Yuan con me aveva cambiato fare..
300 chilometri su hard seat,cioè seconda classe, trentaquattro yuan
cioè poco più di quaattro euro per sette ore di
viaggiopiù una di ritardo, otto. Ma ormai tutto è già un sorriso come
quando sono salito su questo treno mezzovuoto; accanto
a me un ragazzetto koreano anche simpatico che vedendo le mie
sigarette mi dice che il treno non è fumatori, però se stai
vicino aal finestrino..Sul soffitto del vagone girano una decina di
piccoli ventilatori coperti da uno strato di polvere
ormai solida e tutti i finestrini aperti ne vanificano il lavoro;
-BELLO, MI PIACE, FICA STA CINA- andando verso sud si
alzano le colline appaiono viadotti e terrazze coltivate, qualche
antico contadino si ferma a guardare il treno che passa
mentre pensa a chissà che frase di Confucio sullo scorrere della vita..
PRIMA FERMATA, OK, cambio di passeggeri, ma a me sembra che si sono
solo rimescolati e scambiati di posto, facce simili che
si alzano e si risiedono come al gioco della sedia, invece che con la
musica qundo si ferma il treno. Come sempre una sfilza
di occhietti stretti si sofferma sui miei boccoli neri, in più quando
sono un po' sporchi si gonfiano come quelli di MARGE..
SECONDA FERMATA, il vagone si fa man mano più colmo, quindi più occhi
e più bagagli da stipare sopra i sedili. Ancora preso
dal paesaggio insolito che alterna colline ripide a valli tortuose
-SCCRRRRRCCCCHHHHH!!- Uno scaracchio mi ricorda dove sono,
e che gente c'è..parte lo sputo dal finestrino..e chissà se è
rientrato a quello successivo..mammamia.
TERZA E QUARTA FERMATA, una mandria di cinesi all' assalto del treno,
-AIUUUTO!- penso al Feiez, Frainela, Fraiese, Fainese,
insomma il Faina. Il fumo si fa più intenso e il corridoio tra i
sedili si cosparge di fazzoletti accartocciati, buste di
plastica, gusci d'uovo e una pasta fangosa..insomma tutto quello che
non finisce fuori dai finestrini va per terra, -TANTO,
MA CHECCE FREGA- -ECCO IL PRIMO VERO ROMPICOJONI DELLA GIORNATA- E'
Diggio ancora più cinese coi suoi dentoni, sudato e col riporto mi sta
seduto di fronte e mi fissa co uno sguardo da ebete tra l'incredulo e
il divertito, l' ebete cominciala
performance: -你在哪里??- -MA CHE MINCHIA DICI SECONDO TE IO PARLO
CINESE?- -AAHHH?- con un volume da annuncio megafonico -I DON'T SPEAK
CHINESE- -你们为什么从那里你是外来的卷毛!!- -CHE COJONE..- -AAAAHHH?- le formiche si
accalcano per vedere lo spettacolo..qualcuno mi fa le foto mentre
cerco di mantenere la calma e stabilire una relazione..in cinese -WO
ITALY, I TA LY!- -AAHH, ITALI, ITALII!! 外来意大利时间已经明白!- -BRAVO
BAMBACIONE CE SEI ARRIVATO, ITALI SI- Va avanti per un' ora fino a
rasentare il ridicolo: deve toccarmi i peli sulle braccia -MA CHE
TOCCHI CHE FAI- dico tranquillo senza scompormi, poi arriva
il turno delle sopracciglie..-QUESTI STANNO FUORI DI TESTA, M'AVEVANO
DETTO CHE ERANO CURIOSI MA NO DEFICENTI-
QUINTA FERMATA, Tayuan, cittadona sconosciuta con due milioni e mezzo
di abitanti, tutto contento mi saluta con la manina -
ECCO HAI FINITO DE ROMPE ER CAZZO VAI VA'- A Tayuan sale il delirio,
capacità 100, passeggeri effettivi bo, trecento? -E
QUESTI MO CHE DEVONO FA?- si accalcano e spintonano per arrivar primi
-MA DOVE CHE NON C'E' POSTO?- accumulano bustoni e zainetti mentre
come bacarozzi sguazzano nel porcaio che hanno creato, per terra c'è
la discarica di malagrotta e loro si
montano sopra urlando come al concerto degli U2. Ogni quarto d'ora
passano i napoletani che vendono frutta, cene puzzolenti,
pedalini, cani colla testa che oscilla e occhi a led, trottole
luminose e le mille altre minchiate cinesi che loro operai
sottopagati producono ed esportano da noi.. Faccio lo slalom tra i
loro sguardi persi su di me, ma che se guardano, a tratti
mi fanno incazzare, poi pena e anche sorridere..il bello è che quando
tu li rifissi loro si girano e fanno i vaghi..tipo
Fantozzi -TU MANGIA?- Ecco altri deficenti, ricomincia la storia,
tutto come prima, fissano, mi parlano cinese, ridacchiano,
i peli, i capelli..e io sempre con tono garbato -FACCIA DA CAZZO
MONNEZZARO RINCOJONITO- invento pure parole nuove e per
fortuna mi viene da ridere. Siamo in quattro su tre sedili, stretto
tra i sudati respiro il meno possibile mentre il mio
vicino fa lentamente colare un grumo di saliva tra i suoi piedi che
poi sparge accuratamente sul pavimento..-QUESTI NON SO
UMANI, PEZZENTI BARBONI VIVETE NELLA MMERDA MA C'AVETE TUTTI IL
CELLULARE MA COME FATE..- Esausto conto i minuti e più il treno delle
cavallette rallenta più mi sento leggero; con gli occhi a periscopio
leggo Pingyao, ultimo sforzo, tiro giù lo
zainone e viaaa! Fugone! -CAFONI IGNORANTI LAZIALI CINESI..- Per
riprendermi a Pingyao ci so rimasto cinque giorni..